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Basilica di Santo Spirito

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“Abbiamo faticato tutta la notte, e non abbiamo preso nulla”. Buon anno con le parole di don Tonino Bello

La Comunità Agostiniana di Firenze desidera augurare a tutti voi un felice nuovo anno con le splendide parole di don Tonino Bello

Eccoci, Signore, alla fine di questo lungo anno davanti a te. Col fiato grosso, dopo aver tanto camminato. Ma se ci sentiamo sfiniti, non è perché abbiamo percorso un lungo tragitto, o abbiamo coperto chissà quali interminabili rettilinei. È perché, purtroppo, molti passi, li abbiamo consumati sulle viottole nostre, e non sulle tue: seguendo i tracciati involuti della nostra caparbietà faccendiera, e non le indicazioni della tua Parola; confidando sulla riuscita delle nostre estenuanti manovre, e non sui moduli semplici dell’abbandono fiducioso in te. Forse mai, come in questo crepuscolo dell’anno, sentiamo nostre le parole di Pietro: “Abbiamo faticato tutta la notte, e non abbiamo preso nulla“. Ad ogni modo, vogliamo ringraziarti ugualmente. Perché, facendoci contemplare la povertà del raccolto, ci aiuti a capire che senza di te non possiamo far nulla. Ci agitiamo soltanto. Grazie, perché obbligandoci a prendere atto Dei nostri bilanci deficitari, ci fai comprendere che, se non sei Tu che costruisci la casa, invano vi faticano i costruttori. E che, se Tu non custodisci la città, invano veglia il custode. E che alzarsi di buon mattino, come facciamo noi, o andare tardi a riposare per assolvere ai mille impegni giornalieri, o mangiare pane di sudore, come ci succede ormai spesso, non è un investimento redditizio se ci manchi Tu. Il Salmo 127, avvertendoci che, il pane, Tu ai tuoi amici lo dai nel sonno, ci rivela la più incredibile legge economica, che lega il minimo sforzo al massimo rendimento. Ma bisogna esserti amici. Bisogna godere della tua comunione. Bisogna vivere una vita interiore profonda. Se no, il nostro è solo un tragico sussulto di smanie operative, forse anche intelligenti, ma assolutamente sterili sul piano spirituale. Grazie, Signore, perché, se ci fai sperimentare la povertà della mietitura e ci fai vivere con dolore il tempo delle vacche magre, tu dimostri di volerci veramente bene, poiché ci distogli dalle nostre presunzioni corrose dal tarlo dell’efficientismo, raffreni i nostri desideri di onnipotenza, e non ci esponi al ridicolo di fronte alla storia: anzi, di fronte alla cronaca. Ma ci sono altri motivi, Signore, che, al termine dell’anno, esigono il nostro rendimento di grazie. Grazie, perché ci conservi nel tuo amore. Perché ancora non ti è venuto il voltastomaco per i nostri peccati. Perché continui ad aver fiducia in noi, pur vedendo che tantissime altre persone ti darebbero forse ben diverse soddisfazioni. Grazie, perché non solo ci sopporti, ma ci dai ad intendere che non sai fare a meno di noi. Perché ci infondi il coraggio di celebrare i santi misteri, anche quando la coscienza della nostra miseria ci fa sentire delle nullità e ci fa sprofondare nella vergogna. Grazie, perché ci sai mettere sulla bocca le parole giuste, anche quando il nostro cuore è lontano da te. Perché adoperi infinite tenerezze, preservandoci da impietosi rossori, e non facendoci mancare il rispetto dei fedeli, la comprensione dei collaboratori, la fiducia dei poveri. Grazie, perché continui a custodirci gelosamente, anzi, a nasconderci, come fa la madre con i figli più discoli. Perché sei un amico veramente unico, e ti sei lasciato così sedurre dall’amore che ci porti, che non ti regge l’animo di smascherarci dinanzi alla gente, e non fai venir meno agli occhi degli uomini i motivi per i quali, nonostante tutto, continuiamo a essere reverendi. Grazie, Signore, perché non finisci di scommettere su di noi. Perché non ci avvilisci per le nostre inettitudini. Perché, al tuo sguardo, non c’è bancarotta che tenga. Perché, a dispetto delle letture deficitarie delle nostre contabilità, non ci fai disperare. Anzi, ci metti nell’anima un così vivo desiderio di ricupero, che già vediamo il nuovo anno come spazio della Speranza e tempo propizio per sanare i nostri dissesti. Spogliaci, Signore, d’ogni ombra di arroganza. Rivestici dei panni della misericordia e della dolcezza. Donaci un futuro gravido di grazia e di luce e di incontenibile amore per la vita. Aiutaci a spendere per te Tutto quello che abbiamo e che siamo. E la Vergine tua madre ci intenerisca il cuore. Fino alle lacrime. AMEN

don Tonino Bello

Servo di Dio Don Tonino Bello

Vescovo di Molfetta

Nato a Lecce nel 1935, sacerdote nel ‘57, vescovo di Molfetta, in Puglia nel 1982, nel 1985 presidente del Movimento internazionale “Pax Christi”. Balzò agli onori della cronaca mobilitando la sua Diocesi contro l’insediamento dei caccia bombardieri della Nato nella sua Puglia. Era notato proprio per la sua scelta di una vita comune, come tutti: Vescovo, prendeva l’autobus, e andava spesso in bicicletta, per non inquinare con l’auto, discorreva al bar con la gente, era difficile riconoscere la sua dignità dal vestito: la dignità di credente e di Vescovo brillava invece scintillante nei suoi occhi. Forbito e poetico scrittore coniugava il magistero evangelico con il servizio di persona alle famiglie di sfrattati che aveva accolto nella propria abitazione del palazzo vescovile. Non temeva di esporsi anche nelle manifestazioni pubbliche partecipando ai cortei non violenti e pacifisti in occasione dei conflitti internazionali. Ci ha lasciato pagine squisite soprattutto nelle sue opere di devozione mariana. Morì poco dopo aver partecipato, già gravemente ammalato di tumore, alla marcia a piedi dei 500 su Sarajevo, al tempo dell’occupazione nel conflitto dell’ex Jugoslavia. Il 27 novembre 2007 la Congregazione per le Cause dei Santi ne ha avviato il processo di beatificazione.

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Pubblicato il 31 Dicembre 2019Pubblicato in: Notizie
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