Il 24 agosto, durante la Messa in cui Albino Todeschini è stato affiliato all’Ordine di Sant’Agostino, il Priore Generale, Padre Alejandro Moral Antón OSA, ha richiamato con forza il messaggio evangelico: non conta l’appartenenza esteriore, ma la fedeltà concreta ai comandamenti dell’amore e della giustizia. La chiamata cristiana non è privilegio, ma missione, e passa attraverso la “porta stretta” di un impegno quotidiano vissuto nella testimonianza.
Cari fratelli e care sorelle:
Il poema tratto dal Libro di Isaia, che abbiamo ascoltato nella prima lettura, è uno dei testi “universalisti” più sorprendenti di tutto l’Antico Testamento. Al popolo d’Israele, convinto di essere l’unico popolo eletto da Dio e l’unico destinatario di tutti i privilegi della salvezza, Isaia annuncia che Dio invierà i suoi messaggeri a tutte le nazioni e che essi verranno da ogni ceto sociale per adorare a Gerusalemme.
Ciò che Gesù dice nel brano evangelico che abbiamo appena ascoltato è stato sicuramente altrettanto sconvolgente per i suoi ascoltatori. Annuncia che persone verranno dall’Oriente e dall’Occidente, dal Nord e dal Sud, e siederanno alla mensa del Regno di Dio.
Ancora più sorprendente è la sua affermazione che, per essere ammessi al banchetto, non conta tanto l’appartenenza a un’istituzione, quanto piuttosto la fedeltà ai suoi insegnamenti. Possiamo quindi immaginare che molti vengano e dicano: “Eccomi, Signore. Ci conosciamo bene, vero? Sono stato un buon cattolico per tutta la vita. Ho partecipato a diverse associazioni pie”. Ho fatto parte dell’Azione Cattolica, dei Figli di Maria, del Neocatecumenato… o sono persino monaco da 30 anni, ecc. Il Signore potrebbe allora dire: “Mi dispiace, ma non ti conosco. Non sei uno di coloro che hanno vissuto secondo i miei comandamenti di amore e giustizia, di compassione e perdono. Ho sentito parlare di te, ma non ti conosco. Non hai condiviso le tue ricchezze con i poveri. Sei stato duro negli affari e hai causato la rovina di molti. Non hai dimenticato un’offesa o un’ingiustizia che un fratello o una sorella ti ha fatto vent’anni fa. È una vergogna, ma non sei uno di me”. E potremmo anche immaginare qualcuno che non ha mai sentito parlare di Gesù, o forse qualcuno che si considera ateo perché ha rifiutato una falsa idea di Dio che gli è stata trasmessa. E Gesù potrebbe dirgli: “Benvenuti nel mio regno”. Allora quella persona dirà: “Ti sbagli. Mi stai confondendo con qualcun altro. Non sai che non sono cattolico o che ho lasciato la Chiesa a diciotto anni?”. E Gesù risponderà: “Non mi interessa cosa pensi. Il fatto è che il tuo cuore è sempre stato con me. Hai vissuto secondo i valori per cui io ho vissuto e sono morto. Mi hai sempre conosciuto, anche se forse non conoscevi il mio nome. Benvenuti nel mio regno”.
Tutto questo può sembrare scandaloso per noi buoni cristiani. Ma è l’insegnamento di Gesù.
Il fatto che Dio abbia scelto Israele non implicava alcun privilegio. Quell’elezione ha semplicemente dato al popolo d’Israele un ruolo unico nel piano universale di salvezza, una salvezza che è per tutte le nazioni. Allo stesso modo, il fatto che siamo stati scelti e chiamati a essere membri della Chiesa, o addirittura membri di una comunità monastica, non implica alcun privilegio. Implica una missione.
Siamo tutti chiamati a essere autentici discepoli di Cristo. Essere discepoli di Cristo significa seguire le Sue orme e vivere secondo i Suoi insegnamenti. La Chiesa è la comunità di tutti i discepoli di Cristo che si riconoscono tali. Se faccio parte della Chiesa ma non vivo secondo gli insegnamenti di Cristo, non sono un Suo discepolo. La mia appartenenza alla Chiesa non ha senso. D’altra parte, qualcuno non può appartenere alla Chiesa ed essere un vero discepolo di Cristo, anche se non ne ha mai sentito parlare, perché vive secondo i valori umani e spirituali per i quali Gesù visse e morì.
In tutto il mondo, ci sono milioni di questi cristiani anonimi, come li chiamava il teologo Karl Rahner. Se siamo, come spero che siamo tutti qui presenti, membri della Chiesa e veri discepoli di Cristo – cioè persone che, nonostante le loro debolezze, si sforzano di vivere secondo il messaggio di Cristo – allora abbiamo una grande responsabilità nel piano di salvezza di Dio per l’umanità. Abbiamo la responsabilità di far conoscere la persona, il nome e il messaggio di Cristo intorno a noi, con la nostra vita e con le nostre parole.
Vediamo nel Vangelo di oggi non la gratificante certezza di far parte di un piccolo gruppo di persone privilegiate, ma piuttosto il richiamo alla missione, bella e impegnativa, che ci è stata affidata.
Per Agostino, questo passo evangelico è un forte invito alla conversione personale, all’impegno nella fede e a una lotta spirituale per attraversare la “porta stretta” di Cristo. La salvezza non è un diritto, ma un’opportunità che richiede impegno, e i “primi” non sono necessariamente garantiti la salvezza, mentre gli “ultimi” possono essere preferiti da Dio, a seconda della loro risposta e del loro desiderio di Lui.
Gesù non vuole illuderci dicendo: «Sì, non preoccuparti, è facile, c’è una bella strada e alla fine una porta grande». Non ce lo dice: ci parla della porta stretta. Ci dice le cose come stanno: il passaggio è stretto. In che senso? Nel senso che per salvarsi bisogna amare Dio e il prossimo, e questo non è facile! È una «porta stretta» perché è esigente; l’amore è sempre esigente; richiede impegno, anzi, «sforzo», cioè una volontà ferma e perseverante di vivere secondo il Vangelo. San Paolo la chiama «la buona battaglia della fede» (1 Tm 6,12). Ci vuole lo sforzo di ogni giorno, di tutta la giornata, per amare Dio e il prossimo. (…) Ci aiuti in questo la Vergine Maria. Lei è passata attraverso la porta stretta che è Gesù. Lo accolse con tutto il cuore e lo seguì per tutti i giorni della sua vita, anche quando non capiva, anche quando una spada le trafisse l’anima. Per questo la invochiamo come la “Porta del Cielo”: Maria, la Porta del Cielo; una porta che riflette esattamente laS figura di Gesù: la porta del cuore di Dio, un cuore esigente, ma aperto a tutti noi.
Padre Alejandro Moral Antón OSA
Priore Generale dell’Ordine di Sant’Agostino
Firenze, Basilica di Santo Spirito, 24 agosto 2025