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Basilica di Santo Spirito

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Firenze – Sec. XV

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    Omelia di Mons. Erio Castellucci per il 25° anniversario del Crocifisso di Michelangelo

    Omelia di Mons. Erio Castellucci pronunciata nella Basilica di Santo Spirito in occasione della Santa Messa conclusiva delle celebrazioni per il 25° anniversario del ritorno del Crocifisso ligneo di Michelangelo. Una meditazione sul sogno di Dio che, attraversando la fragilità umana, genera vita e apre alla speranza.

    Pubblichiamo l’omelia di Mons. Erio Castellucci, pronunciata nella Basilica di Santo Spirito in occasione della Santa Messa che ha concluso le celebrazioni per il 25° anniversario del ritorno del Crocifisso ligneo di Michelangelo.

    La celebrazione, vissuta alla presenza della comunità agostiniana e del provicario dell’Arcivescovo di Firenze, don Alessandro Lombardi, ha segnato il momento conclusivo del ciclo dei Convegni di Santo Spirito dedicati a questo importante anniversario, che nei mesi scorsi ha intrecciato memoria storica, riflessione culturale e approfondimento spirituale.

    Nel contesto carico di significato della Basilica, luogo profondamente legato alla vicenda umana e artistica di Michelangelo, l’omelia di Mons. Castellucci ha offerto una meditazione intensa e profonda sul sogno di Dio, a partire dal parallelismo tra la Genesi e l’inizio del Vangelo di Matteo, invitando a leggere la fragilità umana come spazio in cui Dio continua a generare vita.

    Di seguito, il testo integrale.


    «Libro della genesi di Gesù Cristo»: così si aprono le prime parole del Vangelo di Matteo, che ritroviamo riecheggiare anche pochi versetti dopo, nelle prime parole del brano che abbiamo appena ascoltato: «Così fu generato Gesù Cristo».
    La genesi. Il Vangelo di Matteo è il primo libro del Nuovo Testamento e il suo inizio corrisponde al primo libro dell’Antico Testamento: la Genesi, appunto. C’è un parallelismo prezioso: là, sotto la forma di una grande parabola, è raccontato l’inizio del cosmo; qui, sotto forma storica, è raccontata la genesi della storia della salvezza.

    È il Signore che dà inizio a questa avventura che noi chiamiamo mondo. Potremmo dire che questi sono i due grandi sogni di Dio: il sogno, descritto nella Genesi, di un universo bello e ordinato, affidato agli esseri umani perché lo coltivino e lo custodiscano, il giardino; e il sogno di Dio, attraverso Gesù, di un mondo riordinato, perché continuamente gli esseri umani cadono, infrangono l’ordine di Dio, deturpano la bellezza dei doni del Signore. Cosmo e storia sono avviati da Dio.

    Ma il sogno di Dio sembra sospeso, sembra incompleto. Anzi, potremmo quasi dire che crea qualche problema agli esseri umani. Tornando alla grande parabola dell’inizio: quando Dio termina la creazione con Adamo, Adamo si lamenta perché è solo, e Dio dice: «Non è bene che l’uomo sia solo». Vuole fargli un aiuto che gli sia simile. Il sogno di Dio sembra terminare nel sogno dell’uomo.

    Anche nel Nuovo Testamento il sogno di Dio, l’invio di Gesù, crea uno smarrimento, in questo caso in Giuseppe. Giuseppe vive il dilemma: rimandare Maria segretamente o denunciarla pubblicamente? È il dilemma tra il cuore e il codice. Egli lo risolve dando il primato al cuore, ma rimane comunque una soluzione umanamente insoddisfacente, perché infrange il sogno di Giuseppe e di Maria di una vita matrimoniale, interrompe il progetto di due giovani che di lì a poco avrebbero dovuto abitare insieme.

    Dunque, il sogno di Dio affidato ad Adamo rimane come interrotto; il sogno di Dio affidato a Giuseppe rimane sospeso. I sogni di Dio rivelano il nostro bisogno, rivelano i nostri limiti, la nostra fragilità, l’incapacità di gestire da soli la nostra esistenza.

    Occorre allora anche un sogno umano per uscire da questa situazione: un sogno che solo Dio può accendere, addormentando l’uomo. Dio addormenta Adamo e finalmente il sogno si compie: nasce Eva. Dio addormenta Giuseppe e il sogno si compie: può nascere Gesù.

    Nella Bibbia il sonno e il sogno ricorrono spesso e non sono, come siamo portati a pensare noi dopo Freud e la psicoanalisi, semplicemente espressione dell’inconscio, ma piuttosto espressione del divino. Nel mondo antico, nei simboli strani e immaginifici dei sogni, si vedevano spesso messaggi divini, e Dio utilizzava anche questo linguaggio.

    Non solo dunque la ragione, non solo la volontà, non solo gli affetti: anche la fantasia viene coinvolta. Il sogno provocato da Dio è lo spegnimento delle facoltà umane. Quando nella Bibbia troviamo un sonno che viene da Dio, significa che Dio sta dicendo: “Adesso agisco io. Non ho più bisogno delle tue facoltà, non ho bisogno che tu sia vigile, che tu ragioni, che tu decida. Adesso lavoro io”.

    Quando Dio addormenta, sta per fare un capolavoro. Opera un salto di qualità, sblocca una situazione di bisogno. Infatti la donna, che nella sequenza della Genesi è l’apice del progetto di Dio – parità, reciprocità – crea la possibilità di generare vita: lì la Genesi si compie. E nel sogno di Giuseppe, la rivelazione della verginità di Maria, della sua fecondità ad opera dello Spirito, e il ruolo di Giuseppe come custode, sbloccano la situazione, trasformano il bisogno in un nuovo sogno, e Maria può generare Gesù.

    A noi esseri umani è chiesto di condividere il sogno di Dio, un sogno che accende in noi il bisogno di essere accompagnati, perché il sogno di Dio sovrasta sempre le nostre attese. Ma a quel punto deve diventare – scusate il gioco di parole – un bi-sogno: nel momento in cui condividiamo il sogno di Dio, esso diventa un sogno comune tra noi e Dio. Il nostro bisogno diventa generativo: possiamo sognare sogni più grandi, affidarci ai suoi progetti.

    Questo accade per ogni nostro bisogno. Se rimaniamo a livello puramente umano, ci troviamo nella situazione di Adamo, l’insoddisfazione per l’isolamento e la solitudine, o nella situazione di Giuseppe, lo smarrimento per un evento negativo e imprevisto. Se invece lasciamo che il Signore continui a lavorare in noi, lasciamo accendere anche in noi il suo sogno, allora diventiamo generativi.

    Dio genera in noi, a volte utilizzando anche le nostre fatiche, i nostri dolori, le nostre sofferenze. Ringraziamo il Signore, perché sa trasformare anche ciò che per noi è fallimento in un nuovo progetto, se ci affidiamo a Lui.

    La fede è proprio questo: non è una polizza assicurativa contro gli infortuni. Attraversiamo tutte le difficoltà, i bisogni e le sofferenze degli altri esseri umani. La fede è l’accensione di un sogno di Dio, è la consapevolezza che la sofferenza e la morte non sono la parola ultima.
    L’ultima parola è vita.

    Mons. Erio Castellucci
    Arcivescovo Abate di Modena-Nonantola, Vescovo di Carpi e Vicepresidente
    Basilica di Santo Spirito, Omelia durante la Santa Messa del 21 dicembre 2025

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    Pubblicato il 23 Dicembre 2025Pubblicato in: 60 Crocifisso di Michelangelo, Convegni di Santo Spirito, Evidenza, Senza categoria
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